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Inquinamento atmosferico nella Regione Veneto: criticità, possibili misure di contrasto e contenimento

Venezia, li 7 marzo 2024

Indirizzo e-mail
post@consiglioregioneveneto.it
protocollo@consiglioveneto.it

con preghiera di trasmissione

Ai sigg.ri consiglieri regionali
Regione del Veneto
Palazzo Ferro Fini
San Marco, 2322
Cap 30123

Sigg.ri consiglieri,

Oggetto: inquinamento atmosferico nella Regione Veneto, criticità, possibili misure di contrasto e contenimento.

La scrivente Associazione, interpellata da alcuni iscritti circa la posizione della medesima nei confronti del fenomeno dell’inquinamento atmosferico  e delle possibili soluzioni, riporta quanto di seguito.

La situazione dell’inquinamento atmosferico nella Regione Veneto, si sta progressivamente aggravando, pur essendo costantemente monitorata non si intravedono soluzioni a breve, di contro un peggioramento. Acclarata ed ampia la bibliografia in merito ne dettaglia le conseguenze per la salute umana: il Giornale Italiano dell’Arteriosclerosi, nr. 14 a riguardo “Inquinamento atmosferico, aterosclerosi e rischio cardiovascolare” a cura di Clinica Medica “A. Murri”, Dipartimento di Medicina di Precisione e Rigenerativa e Area Jonica – (DiMePRe-J) – Università degli Studi di Bari Aldo Moro; International Society of Doctors for Environment (ISDE), Arezzo”

(…) Nello studio AIRCHD (Air Pollution ad Cardiovascular Dysfunctions in Healthy Adults Living in Beijng) è stato valutato il rapporto fra l’esposizione ad alti livelli di PM2.5 e marker di instabilità della placca. In particolare, è stato osservato che l’esposizione cronica ad alti livelli di PM2.5 determina un incremento della metallo-proteinasi dal 8,6% al 141,4%. In considerazione del ruolo dei lipidi nell’induzione del processo aterosclerotico, diversi studi hanno valutato la relazione tra profilo lipidico e inquinamento atmosferico. Tale relazione e ben documentata sia da studi epidemiologici sull’uomo che in modelli animali (…)

RIASSUNTO

“(…) Circa 3 milioni di morti/anno per cardiopatia ischemica e ictus sono attribuibili all’inquinamento atmosferico. Per questo le Società Europee ed Americane di Cardiologia hanno attribuito all’inquinamento atmosferico il ruolo di fattore di rischio cardiovascolare maggiore, sottolineandone il ruolo patogenetico nell’induzione della malattia aterosclerotica. Circa l’80% della popolazione residente in aree urbane è esposto a concentrazioni atmosferiche di inquinanti che superano le soglie suggerite dall’Organizzazione Mondiale della Sanita. Numerosi studi epidemiologici e sperimentali hanno evidenziato come l’inquinamento atmosferico abbia conseguenze cardiovascolari per esposizioni a breve e lungo termine e, nel lungo termine, promuove la formazione e progressione della placca ateromasica, svolgendo un ruolo chiave nella patogenesi degli eventi cardiovascolari maggiori. Dal punto di vista patogenetico gli inquinanti atmosferici sono in grado di alterare l’omeostasi lipidica e di indurre stress ossidativo, infiammazione cronica sistemica, disfunzione endoteliale ed effetto protrombotico. Tali effetti patogenetici iniziano molto precocemente (età adolescenziale-giovanile) e continuano durante l’intero arco di vita, interagendo con altri fattori di rischio e amplificandone il peso. Nonostante gli enormi progressi diagnostici e terapeutici in ambito cardiovascolare e metabolico e gli sforzi per ridurre l’inquinamento atmosferico nelle aree urbane, il peso epidemiologico (morbilità e mortalita) delle malattie cardiovascolari rimane inaccettabilmente alto. Le evidenze disponibili impongono di puntare con decisione verso misure di prevenzione primaria (ad es. ridurre i processi di combustione, l’utilizzo di fossili e di altre sorgenti inquinanti come allevamenti e colture intensive, preservare e incrementare le aree verdi) per cercare di invertire il crescente trend epidemiologico di malattie legate all’aterogenesi, ridurre le disabilità e la crescente spesa sanitaria che ne derivano (…)”.

Le soluzioni di omettere spazi verdi anche a filare, oltre a portare dei danneggiamenti in termini economici, quali il disvalore delle aree interessate, ad un maggiore consumo di energia elettrica per il funzionamento dei condizionatori d’aria, sono in contrasto con le indicazioni fornite dal WHO Word Health Organization, (Agenzia Speciale dell’ONU). Viene riportato nel documento interamente reperibile nel sito del WHO (…) lo stile di vita urbano moderno è associato a stress cronico, attività fisica insufficiente, ed esposizione a rischi ambientali antropici. Gli spazi verdi urbani come parchi, parchi giochi, e vegetazione residenziale, possono promuovere la salute mentale fisica e ridurre la malattia e la mortalità dei residenti urbani offrendo rilassamento psicologico e alleviamento dello stress, stimolando la coesione sociale, sostenendo l’attività fisica e riducendo l’esposizione agli inquinanti, rumore e calore eccessivo. Le nuove scoperte mostrano che gli interventi per aumentare o migliorare lo spazio verde urbano possono fornire risultati positivi in termini di salute, sociali e ambientali per tutti i gruppi di popolazione, in particolare tra i gruppi di status socio economico inferiore (..). 

Innumerevoli poi sono i benefici delle alberature in Città solo per citarne alcune dal Documento Verde Urbano redatto dalla LIPU sede Nazionale nel 2016

 (…) Valutazioni economiche

Oltre alla quantificazione dei servizi ecosistemici in termini di benefici svolti dal verde urbano, dagli anni ’90 del secolo scorso si sono affermate anche le valutazioni di tipo economico e monetario, che si sono sviluppate soprattutto negli Stati Uniti (McPherson et al., 1997) per poi approdare anche in Europa (Soares et al., 2011).Oggi esistono software in grado di determinare il valore economico ed ambientale dei benefici apportati dagli alberi e dalla foresta urbana, nonché i modelli dell’impatto economico derivante dai diversi scenari di gestione, di cui un esempio è il CITYgreen© 5.0 prodotto nel 1996 da American Forests, che lavora in ambiente GIS. Un altro approccio è il modello UFORE (Urban FORest Effects) uno strumento di calcolo sviluppato alla fine degli anni 1990 dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, sempre per descrivere la struttura del verde urbano e stimare gli effetti della vegetazione sull’ambiente (Siena e Buffoni, 2007). Oggi UFORE è stato ulteriormente sviluppato nel software i-Tree per analizzare la foresta urbana e valutarne i benefici.Citando qualche esempio applicativo, gli alberi e le foreste urbane negli Stati Uniti rimuovono 17,4 milioni di tonnellate di inquinanti atmosferici, prendendo il 2010 come anno di riferimento (range: 9,0-23,2 milioni di tonnellate). Gli effetti positivi sulla salute umana vengono valutati in 6,8 miliardi di dollari (range: 1,5-13,0 miliardi $). Le conseguenze positive sulla salute pubblica includono la prevenzione di oltre 850 morti, di 670.000 casi di sintomi respiratori acuti, di 430.000 attacchi di asma, ma anche di 200.000 giorni di scuola persi (Nowak et al., 2014).A Chicago negli Stati Uniti gli alberi rimuovono gli inquinanti atmosferici, contribuendo a ripulire l’aria per un valore stimato in 9,2 milioni $/anno. Se la copertura arborea venisse incrementata del 10%, oppure se venissero piantati tre alberi per ogni edificio, si risparmierebbero da 50 a 90 $ per unità abitativa di costi energetici per il riscaldamento e la refrigerazione. Questo poiché gli alberi forniscono ombra, riducono la velocità del vento e inducono un abbassamento delle temperature estive. Considerando un lasso di tempo di 30 anni, il valore attuale netto dei servizi forniti dagli alberi è stimato in 402 $ a pianta e corrisponde a quasi tre volte i costi di manutenzione (McPherson et al., 1997). In California i 929.823 alberi lungo le strade rimuovono annualmente 567.748 t di COequivalente  a contrastare le emissioni di 120.000 auto, per un valore corrispondente a 2,49 miliardi di $. Il valore annuo di tutti i servizi ecosistemici è di 1,0 miliardi di $, pari a 110,63 $ per albero. Se si considera una spesa gestionale di 19,00 $ albero/anno, per ogni dollaro investito si ricavano benefici per 5,82 $ (McPherson et al., 2016). A Lisbona è stato applicato il programma i-Tree Stratum per quantificare la struttura e le funzioni degli alberi ed il valore dei servizi forniti. Sono stati censiti 41.247 alberi che insieme producono servizi valutati in 8,4 milioni di $/anno. I costi di manutenzione ammontano a 1,9 milioni di $/anno, quindi per ciascun dollaro investito i residenti ricevono 4,48 $ di vantaggi. Il valore del risparmio energetico (6,16 $/albero), la riduzione della CO2 (0,33 $/albero), la riduzione dell’inquinamento atmosferico (5,40 $/albero) e l’incremento di valore della proprietà immobiliare (145 $/albero), portano ad un beneficio complessivo annuale di 204 $/albero, pari ad un beneficio netto di 159 $/albero (Soares et al., 2011).

A Roma Attorre et al. (2005) stimano che i 704.720 alberi portano un vantaggio economico alla città, legato alla rimozione dell’inquinamento dall’aria, di € 1.674.942 l’anno (€ 2376/albero) e che gli alberi immagazzinano nella propria biomassa circa 320 mila tonnellate di carbonio, sequestrando circa 2000 tonnellate di carbonio l’anno.

Una valutazione preliminare dei servizi ecosistemici compromessi in conseguenza di una potatura drastica in aree verdi del lungomare è stata effettuata a Livorno, dove è stata calcolata una presenza di alberi compresa tra 2285 e 8185 esemplari. È stato ipotizzato che la potatura abbia asportato circa metà del volume di vegetazione che era presente, portando ad una perdita di servizi ecosistemici compresa in una forbice tra circa 160.000 a oltre 590.000 euro/anno. A questo sarebbero da aggiungere e quantificare le conseguenze negative al paesaggio, al valore immobiliare, la perdita di biodiversità e il danno in termini educativi, considerando che l’operato di un ente pubblico funge da esempio da seguire per la cittadinanza (Ascani et al., 2016).

Il valore di un albero può essere quantificato anche dal punto di vista economico (monetario), considerando il valore estetico e paesaggistico, quello emotivo e per il benessere dei cittadini, quello storico, sociale, ecologico, ed infine educativo. A Bologna è stato fatto un calcolo da Tugnoli (2010, 2012) riguardante alcuni degli esemplari più prestigiosi (Ippocastano, Cedro dell’Atlante, Bagolaro, Frassino, Platano, Leccio, ecc.) e le cifre  sono comprese da un minimo di 3635 ad un massimo di 27.732 euro. Applicando il metodo C.A.V.A.T. (Capital Asset Value for Amenity Trees) ad alberi monumentali si raggiungono valori economici ornamentali fino a 806.539 euro.(..)

Dall’esamina del decorso degli ultimi anni, nonostante siano approfonditi studi ed acclarata bibliografia da parte dell’ISPRA Istituto Superiore di Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente, non si sono attivate concrete misure esaustive per la riduzione degli inquinanti atmosferici. A fronte di una possibile e probabile aggravamento della situazione, implementata dai Cambiamenti Climatici in atto, si propone di utilizzare gli unici elementi a disposizione per contenere il fenomeno dell’inquinamento atmosferico, quali la Vegetazione. 

Mantenere filari di siepi in ambito agricolo e periurbano, la costituzione di fasce e cinture boscate in tutto il territorio, incrementare le alberature urbane in ogni sede possibile, terrapieni e fasce tampone ai bordi di strade, autostrade, aeroporti, zone industriali ed artigianali, ove possibile, edere e rampicanti su muri di viadotti, paracarri, ponti. Siepi in ambito privato e pubblico il cui incentivo all’impianto sarà previo contributo a carattere premiale con pubblici riconoscimenti o con promozioni anche di carattere fiscale.

Barriera sempreverde di mitigazione

Tra i migliori arbusti per siepi anti-inquinamento si possono utilizzare il ligustro (Ligustrum vulgare, Ligustrum lucidum, Ligustrum ovalifolium), l’agrifoglio (Ilex aquifolium), la sanguinella (Cornus sanguinea), il Berberis (Berberis spp.), l’Ibisco (Hibiscus siriacus), Bosso (Buxus sempervirens), Eleagno (Eleagnus spp.), Lauroceraso (Prunus laurocerasus), Lagerstroemia (Lagerstroemia indica), Alloro (Laurus nobilis), Laurotino (Viburnum tinus), Corbezzolo (Arbutus unedo), Cotoneaster (Cotonaster spp.), Agazzino (Pyracantha spp.), Fusaggine (Evonimus europaeus), Spirea (Spirea spp.), Fiore d’Angelo (Philadelphius spp.), il Synphoricarpus spp, l’olivello spinoso (Hippophae rhamnoides), l’olivello di Boemia (Eleagnus angustifolia).

In particolare le edere tra cui la Edera helix, evidenziano proprietà di assorbire gli inquinanti di varia natura, detta specie, di natura endemica,  è di comprovata resistenza alle condizioni climatiche ed ambientali avverse, può benissimo essere impiegata a ricoprire, viadotti, piloni, murature, guard rail, ecc., senza comprometterne ed alternarne le caratteristiche strutturali proprie del manufatto.

Edera su pilone

Cordialmente

La coordinatrice LIPU ODV del Veneto
Avv. Chiara TOSI

Il delegato LIPU ODV Sez. Venezia
Dr. Gianpaolo PAMIO

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Appello alla cittadinanza a non utilizzare i fuochi d’artificio per tutelare la fauna selvatica

                                                                                                             Venezia, lì 26 dicembre 2023

COMUNICATO STAMPA inerente l’esplosione fuochi d’artificio di fine anno                                                                        

La Lega italiana Protezione Uccelli, sezione di Venezia, lancia il consueto appello alla cittadinanza inerente a rinunciare all’utilizzo dei  fuochi d’artificio nel festeggiare l’anno nuovo. Le varie ordinanze e divieti della amministrazioni comunali non sono sufficienti a contenere questo fenomeno, si necessita di un maggiore senso di responsabilità. Un’usanza che negli ultimi anni sta costando caro alla fauna selvatica. Uccelli terrorizzati dal rumore, dalle luci, dal fumo volano terrorizzati ed urtano verso vetrate, ostacoli, cavi, antenne, verande, muri, ferendosi anche gravemente o trovando la morte. Emblematico il caso di Roma nel capodanno 2021 quando migliaia di Storni appollaiati nel dormitorio entro i Pini e Lecci fronte il piazzale della Stazione Termini, sono volati via improvvisamente, spaventati dai botti di capodanno, trovando la morte sui vari ostacoli. L’estesa antropizzazione del territorio, la banalizzazione degli habitat, l’impoverimento dei siti di svernamento, la frammentazione dei siti naturali, determinano che sempre più la fauna selvatica entra in contatto con le attività umane, incorrendo in problematiche anche contenibili nei decenni passati, ma ora non più sostenibili: si valuti ad esempio, il livello di occupazione del suolo in Val Padana, di qui le estese criticità verso la suddetta fauna. Un gran numero di uccelli anche rapaci, disturbati e spaventati dai botti, istintivamente fuggono perdendo il senso dell’orientamento, ed abbandonano il rifugio invernale quali alberi, siepi, tetti, anfratti murari, ecc, vagano nel buio, percorrendo anche molti chilometri, e non trovando altri rifugi muoiono dal freddo per l’improvviso dispendio energetico, in una stagione caratterizzata dalla scarsità di cibo che ne riduce l’autonomia. Approfondimenti scientifici grazie all’installazione di radio collari  hanno dimostrato l’abitudine di uccelli di dimensioni maggiori come oche, anatre, gabbiani, usino rimanere sino ad un’ora in volo a quote elevate per sfuggire alle esplosioni dei fuochi d’artificio, questi comportamenti possono essere letali per l’ipotermia sopravvenuta.

Si rinnova l’appello a non impiegare fuochi d’artificio per festeggiare il capodanno, detta attività nuoce non solo al benessere degli animali di affezione e da reddito, ma anche alla fauna selvatica.

Il delegato di Sezione
Dr. Gianpaolo Pamio

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Lettera alle amministrazioni comunali: edilizia conservativa per la tutela delle rondini e delle specie affini

Venezia, lì 19 ottobre 2023

Alla Città Metropolitana di Venezia, con preghiera di invio agli Illustrissimi Sindaci della Provincia di Treviso e della Città Metropolitana di Venezia
PEC: protocollo.cittametropolitana.ve@pecveneto.it

Oggetto: Lettera alle amministrazioni comunali. Adozione di criteri e strumenti di edilizia conservativa per la tutela delle rondini e specie affini. 

Spett.le Ufficio in indirizzo, con preghiera di trasmissione ai sindaci della Provincia di Venezia,

i delegati delle sezioni Lipu in calce firmatari registrano ogni primavera, e comunque nell’arco del periodo di nidificazione (da fine febbraio ad agosto), diversi episodi che vedono interventi di restauro, ristrutturazione e/o demolizione di edifici, sulle cui facciate e sui cui tetti sono presenti nidi di rondine (Hirundo rustica), balestruccio (Delichon urbicum),  rondine comune (Apus apus), passera d’Italia (Passer italiae) e altre specie che in tali siti costruiscono i loro nidi.

Le specie anzidette si trovano in uno stato di conservazione precario, con trend di popolazione negativo. Tra le varie cause di questo declino vi sono tutti quegli interventi edilizi che non tengono conto della conservazione delle specie.

Solo a titolo di esempio, si riportano casi di demolizione e ricostruzione di edifici con distruzione completa dei nidi in pieno periodo riproduttivo (a tale riguardo, si riportano qui alcuni articoli pubblicati dalla stampa locale: //www.ilgazzettino.it/nordest/treviso/rondini_nido_distrutto_colonia_oipa_treviso-6732948.html?refresh_ce, https://www.trevisotoday.it/attualita/paese-demolizione-casa-rondoni-4-giugno-2022.htmlhttps://www.oggitreviso.it/casier-salvati-da-una-casa-demolizione-nidi-con-piccoli-di-balestruccio-au5197-310712); oppure ristrutturazione di vecchi edifici con costruzione di nuove pareti completamente lisce e prive di intonaco aggrappante, adatto all’innesto dei nidi; oppure ancora, restauro di vecchi edifici con chiusura delle originarie aperture sulle facciate e ancora, posa di tegole con aperture dallo spazio insufficiente per l’entrata/uscita e costruzione del nido per i passeri. 

Rondine, Hirundo rustica © Gianpaolo Pamio

E’ opportuno qui ricordare che i nidi degli uccelli sono tutelati da normativa vigente secondo quanto previsto dall’articolo 21, comma 1, lettera o), della Legge n. 157 del 11 febbraio 1992, nonché dall’articolo 635 del codice penale. E’ altresì indispensabile richiamare l’attenzione sulla Direttiva CE n. 43/1992, cosiddetta “Direttiva Habitat”, sulla Direttiva CE n. 147/2009, cosiddetta “Direttiva Uccelli”, e sulle Convenzioni internazionali (Convenzione di Bonn e Convenzione di Berna).

Al fine di evitare ulteriori insorgenze di potenziali conflitti tra le esigenze di conservazione della biodiversità – esigenze sempre più pressanti e inderogabili, data l’assodata, attuale e scientifica acquisizione dello stato di crisi della biodiversità su scala globale e locale – e gli interessi dei privati, si ritiene fondamentale che gli strumenti normativi e tecnici a disposizione della pubblica amministrazione (regolamenti edilizi, ordinanze, delibere, ecc.)  siano integrati con criteri e regole che prendano concretamente ed efficacemente in considerazione i tempi di nidificazione e le esigenze biologiche delle specie in questione. Le modalità ed i tempi di intervento, l’uso di intonaci rugosi, che creano idonee superfici aggrappanti, e di coppi con appropriate caratteristiche geometriche, l’applicazione di misure compensative quali i nidi artificiali sono solo alcuni metodi corretti che qui si suggeriscono.

Fondamentale, altresì, è l’integrazione di norme che prevedano la vigilanza e il rispetto degli stessi attraverso adeguato sistema sanzionatorio.

Si allega alla presente la “Delibera salvarondini e regolamenti comunali”, proposta da Lipu e già adottata da varie amministrazioni comunali in tutta Italia, come spunto per l’adozione degli strumenti suddetti.

Si evidenzia che il 27 ottobre p.v. si terrà a cura della Lipu – Agrofauna un seminario on – line ove si parlerà anche di questo.

Sicuri di un Vostro cortese riscontro, si resta a disposizione per ogni necessità.   

Distinti saluti.

Il delegato di Lipu Treviso
Dr. Enrico Pavan

Il delegato di Lipu Venezia OdV
Dr. Gianpaolo Pamio

Il delegato di Lipu Vittorio Veneto
Dr. Roberto Guglielmi

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Cormorano comune e Marangone minore, specie utili od opportuniste?

Venezia, lì 11 febbraio 2023

Cormorano comune e Marangone minore, specie utili od opportuniste?

In natura non esistono specie dannose, se non introdotte dall’uomo per varie ragioni. Le specie di Cormorano comune Phalacrocorax carbo e di Marangone minore Microcarbo pygmeus sono ritenute nocive per le stazioni di ittiocoltura in quanto predano con facilità i pesci allevati. Questo può rappresentare un aspetto da correggere con adeguate misure atte a prevenire tali comportamenti, quali reti orizzontali, gabbie, intreccio di fili, strumenti di allontanamento meccanici, sonori, ad induzione, ecc. Il Marangone minore, originariamente, nella Penisola, nidificava solo nel Delta del fiume Po, poi gradualmente il suo areale di distribuzione si è allargato nelle aree umide della Val Padana. L’organismo  I.U.C.N. The International Union for Conservation Nature classifica questa specie, sebbene in aumento, come specie minacciata, principalmente da uccisione illegali, inquinamento delle acque, disturbo ai siti di nidificazione, sottrazione di habitat, impoverimento della fauna ittica. A livello normativo il Marangone minore risulta appartenere alla fauna particolarmente protetta ai sensi dell’art. 2 della L. 157/1992, con riferimento alle direttive comunitarie 79/409/CEE e 92/44/CEE, e le Convenzioni Internazionali di Berna, Bonn, Parigi, Barcellona, Washington con le relative normativa nazionali di riferimento. 

Il Cormorano sempre tutelato dalla normativa 157/1992  ha una diffusione più estesa e non presenta particolari criticità dato l’incremento numerico è costante, di contro rimane oggetto di deroghe al divieto di abbattimento ed oggetto di piani di contenimento per l’impatto prodotto negli impianti di ittiocoltura.

Queste due specie, portano però dei grandi  benefici all’ecosistema in quanto contengono gli effetti delle immissioni e diffusioni di specie di pesci alloctone che stanno provocando seri danni alla fauna ittica. Pensiamo ad esempio al Pesce gatto Ameiurus melas originario del Nord America, introdotto a scopi ornamentali in Europa negli ultimi anni del ‘800 e grazie a neo immissioni e ripopolamenti ha colonizzato buona parte delle acque interne in Europa, entrando in forte competizione con le specie autoctone e danneggiando particolarmente la Tinca Tinca tinca e l’Anguilla Anguilla anguilla. Il Pesce gatto se non  a livello di avannotto, non ha antagonisti in natura nelle acque europee, se non l’uomo, questa specie dispone di tre aculei, situati nella pinna dorsale e nelle due pettorali, nessun pesce può attaccarlo se non con conseguenze deleterie, pure gli uccelli. Cormorani e Marangoni minori sono particolarmente voraci di questi pesci in quanto hanno  movimenti lenti, tipici della fauna ittica da fondale, li inghiottono per la testa, facendo piegare le pinne all’indietro, rendendo così inoffensivi gli aculei. Taluni esemplari hanno sviluppato la tecnica del lancio in aria, il Pesce gatto avendo la testa rappresentante 1/3 del peso complessivo rivolge la testa verso il basso finendo direttamente nello stomaco del Marangone minore o Cormorano che l’aspetta sotto a becco aperto. Si nota così, queste due specie di uccelli,  ritenute impropriamente opportuniste ed invasive, rappresentano degli elementi riequilibranti per un ecosistema alterato da immissioni improprie di specie aliene.  

Nelle foto: Marangone minore preda un Pesce gatto

La delegazione LIPU Sezione di Venezia

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Comunicato stampa su Verde in Città: l’importanze del microclima

 I cambiamenti climatici in corso a livello globale hanno degli effetti amplificati nelle nostre Città, ove la presenza di naturalità e servizi ecosistemici sono ridotti al minimo. Gli agglomerati urbani, per la loro conformazione e costruzione, stanno diventando invivibili in quanto sovente concepiti senza valutare la presenza di elementi naturali. Per mitigare le isole di calore ed l’effetto albedo la presenza di elementi vegetali rimane quanto mai necessaria.

Quarto d’Altino ciclabile e marc. arch. LIPU ve

Oltre all’assorbimento degli inquinanti durante tutto l’arco dell’anno, soprattutto le edere rampicanti, in primis l’autoctona Edera helix, assolvono al compito di mitigare  l’effetto albedo,  riflettenza solare sulle superfici verso ogni direzione e di contrastare  le isole di calore. Oltre alle alberature urbane, quanto mai riconosciute da ampia ed  acclarata bibliografia, indispensabili  per abbassare le temperature nelle strade e nelle Città in generale, l’Edera helix un rampicante senza particolare bisogno di cura e molto resistente alle condizioni estreme di caldo ed inquinamento, potrebbe essere collocato agevolmente per ricoprire pareti e tetti di edifici artigianali – industriali, muri, terrapieni, pannelli, piloni di opere infrastrutturali, guard rail, ecc. Già nel 2016 veniva pubblicato uno studio alquanto esaustivo circa l’importanza del Verde in Città per la regolazione del microclima. Il  documento è  dell’ENEA Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, Ministero dello Sviluppo Economico, in collaborazione con DAFNE Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali, Università degli Studi La Tuscia (VT), documento su “Sistemi vegetali e sostenibilità energetica: effetti sul microclima urbano”, 2016. Leggiamo a pag. 7: “ (…) più densa è la vegetazione più energia viene assorbita nella massa vegetale che si comporta come un vero e proprio corpo nero. Pertanto la quantità di energia riflessa è mediamente inversamente proporzionale  alla dimensione della massa foliare delle coperture a verde. Da un punto di vista energetico, la copertura verde dissipa calore come “calore sensibile” attraverso l’aria e come “calore latente” attraverso i processi di traspirazione dell’acqua del metabolismo vegetale: la componente sensibile aumenta la temperatura  dell’aria mentre quella latente diminuisce. Oltre che per traspirazione, le piante dissipano calore anche per l’evaporazione del substrato di coltivazione e dalle foglie. La mitigazione delle temperature medie massime dell’aria e delle pareti degli edifici è sostanzialmente dovuta all’azione di ombreggiamento da parte della vegetazione (piante erbacee, alberi, cespugli) e per fenomeno dell’evapotraspirazione che, in ultima analisi, rappresenta la quantità di acqua che si disperde nell’atmosfera (sotto forma di vapore dell’acqua) mediante processi di evaporazione del suolo e rispettivamente di traspirazione delle piante attraverso gli stomi (circa il 2% della superficie fogliare). (…) grazie alla perdita di acqua di traspirazione dalle foglie, la pianta abbassa la sua temperatura poiché riesce a smaltire il carico di calore accumulato con l’energia solare attraverso il passaggio di stato da acqua a vapore d’acqua e in questo modo dissipa parte dell’energia solare  sotto forma di calore latente.

Alberi in città a Trento

Da quanto emerso, questa Associazione suggerisce alle Amministrazioni comunali, in accordo con le categorie professionali, come inizio, di integrare i rispettivi Regolamenti Edilizi con l’obbligatorietà di coprire, almeno parzialmente, le pareti dei complessi commerciali – direzionali – artigianali.

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Le specie “problematiche” – Il Gabbiano Reale: La posizione della LIPU

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Il vetro uccide gli uccelli. Ecco come salvarli

Tra i 100 e i 115 milioni di vittime in Germania, dai 365 fino a 988 milioni di individui negli Stati Uniti, tra i 15 e i 30 milioni in Italia.

E’ l’impressionante stima del numero di uccelli selvatici, tra cui in particolare rapaci, picchi e passeriformi, che muoiono ogni anno a causa degli impatti contro vetrate di edifici, pensiline o barriere antirumore, cui si aggiungono i numeri provenienti da quasi tutti i Paesi del mondo, visto il crescente utilizzo del vetro nell’edilizia, facendo di questa tendenza una delle minacce più gravi per gli uccelli selvatici.

Lo sottolinea la Lipu-BirdLife Italia, in occasione della diffusione della terza edizione del manuale “Costruire con vetro e luce rispettando gli uccelli”, realizzato dalla Stazione ornitologica svizzera di Sempach con il contributo di numerosi enti di ricerca e associazioni tra cui la Lipu. Il nuovo manuale, che spiega con testi e fotografie come le collisioni possono essere evitate con semplici misure, è scaricabile sul sito web della Lipu, www.lipu.it, oppure su quello della Stazione ornitologica svizzera cliccando QUI.

“La collisione con vetri è oggi uno dei più grandi problemi di conservazione degli uccelli – afferma Marco Dinetti, responsabile Ecologia urbana della Lipu – Essi non riconoscono come ostacoli né i vetri trasparenti e nemmeno quelli altamente riflettenti che rispecchiano gli alberi, i cespugli o il cielo, creando un’illusione di habitat continuo che induce gli uccelli ad attraversarli, con esiti quasi sempre fatali.

In Italia le stime della Lipu sono nell’ordine di 15-30 milioni di uccelli morti ogni anno: si tratta in realtà di una valutazione largamente al ribasso, perché “in realtà, l’impatto del vetro sugli uccelli è molto più pesante” spiega Dinetti. I vetri più problematici sono quelli altamente riflettenti, i vetri trasparenti dei balconi, i vetri d’angolo, le barriere antirumore in vetro o le verande. Per ridurre gli impatti si possono applicare sul vetro visibile delle marcature testate per la protezione degli uccelli, mentre le sagome familiari degli uccelli rapaci dovrebbero essere evitate: non dissuadono gli uccelli e sono poco efficaci. Solo una marcatura che copre l’intera superficie e che si distingue il più possibile dall’ambiente circostante fornisce la protezione necessaria. I test effettuati e illustrati nel volume hanno infatti dimostrato che le soluzioni a strisce e a punti sono particolarmente efficaci.

Il nuovo manuale mostra anche come fare a meno del vetro trasparente o altamente riflettente durante la costruzione, o come mettere in sicurezza le aree pericolose per gli uccelli in fase di progettazione. In questo modo si risparmia tempo, energia e costi per l’adeguamento a posteriori, evitando inoltre che molti uccelli muoiano a causa della presenza di superfici in vetro.

“Il fatto che il vetro possa rappresentare un grave problema per gli uccelli non è ancora noto a tutti allo stesso modo, nemmeno nel settore dell’architettura e dell’edilizia – prosegue Dinetti – Per questo motivo proporremo le soluzioni ben illustrate nell’opuscolo ad architetti, progettisti e costruttori, che scopriranno come ovviare al problema con misure semplici e praticabili e salvare la vita agli uccelli”.

Per scaricare il manuale:

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Informazioni sui pericoli di collisione contro vetri:

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SCHEDA

Collisione contro un vetro. Cosa fare in caso di ritrovamenti
Le collisioni con le vetrate non sempre sono mortali. Alcuni uccelli sono “solo” feriti o storditi e questo li rende facili prede per predatori come i gatti. Se trovate un uccello stordito o incapace di involarsi vicino a una vetrata è preferibile metterlo in una scatola con fori di ventilazione e lasciarlo per 2-3 ore in un luogo caldo, buio e tranquillo. La scatola può essere imbottita con carta per uso domestico e l’uccello non deve essere nutrito o abbeverato. Dopo 2-3 ore, si potrà aprire la scatola all’esterno. Se l’uccello non vola via da solo, bisogna portarlo in un centro di cura.
E’ fortemente consigliato comunque contattare un centro di recupero per avere istruzioni su come comportarsi in caso di ritrovamenti (elenco centri di recupero in Italia: https://animaliferiti.lipu.it/i-centri-recupero-in-italia/)

I NUMERI: GLI UCCELLI VITTIME DELL’IMPATTO CONTRO VETRI

(in milioni)
• 100-115 (Germania)
• 365-988 (Stati Uniti)
• 15-30 (Italia)

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Cormorano comune e Marangone minore, specie utili od opportuniste?

In natura non esistono specie dannose, se non introdotte dall’uomo per varie ragioni. Le specie di Cormorano comune Phalacrocorax carbo e di Marangone minore Microcarbo pygmeus sono ritenute nocive per le stazioni di ittiocoltura in quanto predano con facilità i pesci allevati. Questo può rappresentare un aspetto da correggere con adeguate misure atte a prevenire tali comportamenti, quali reti orizzontali, gabbie, intreccio di fili, strumenti di allontanamento meccanici, sonori, ad induzione, ecc. Il Marangone minore, originariamente, nella Penisola, nidificava solo nel Delta del fiume Po, poi gradualmente il suo areale di distribuzione si è allargato nelle aree umide della Val Padana. L’organismo  I.U.C.N. The International Union for Conservation Nature classifica questa specie, sebbene in aumento, come specie minacciata, principalmente da uccisione illegali, inquinamento delle acque, disturbo ai siti di nidificazione, sottrazione di habitat, impoverimento della fauna ittica. A livello normativo il Marangone minore risulta appartenere alla fauna particolarmente protetta ai sensi dell’art. 2 della L. 157/1992, con riferimento alle direttive comunitarie 79/409/CEE e 92/44/CEE, e le Convenzioni Internazionali di Berna, Bonn, Parigi, Barcellona, Washington con le relative normativa nazionali di riferimento. 

Marangone minore © Luigino Busatto

Il Cormorano sempre tutelato dalla normativa 157/1992  ha una diffusione più estesa e non presenta particolari criticità dato l’incremento numerico è costante, di contro rimane oggetto di deroghe al divieto di abbattimento ed oggetto di piani di contenimento per l’impatto prodotto negli impianti di ittiocoltura.

Queste due specie, portano però dei grandi  benefici all’ecosistema in quanto contengono gli effetti delle immissioni e diffusioni di specie di pesci alloctone che stanno provocando seri danni alla fauna ittica. Pensiamo ad esempio al Pesce gatto Ameiurus melas originario del Nord America, introdotto a scopi ornamentali in Europa negli ultimi anni del ‘800 e grazie a neo immissioni e ripopolamenti ha colonizzato buona parte delle acque interne in Europa, entrando in forte competizione con le specie autoctone e danneggiando particolarmente la Tinca Tinca tinca e l’Anguilla Anguilla anguilla. Il Pesce gatto se non  a livello di avannotto, non ha antagonisti in natura nelle acque europee, se non l’uomo, questa specie dispone di tre aculei, situati nella pinna dorsale e nelle due pettorali, nessun pesce può attaccarlo se non con conseguenze deleterie, pure gli uccelli. Cormorani e Marangoni minori sono particolarmente voraci di questi pesci in quanto hanno  movimenti lenti, tipici della fauna ittica da fondale, li inghiottono per la testa, facendo piegare le pinne all’indietro, rendendo così inoffensivi gli aculei. Taluni esemplari hanno sviluppato la tecnica del lancio in aria, il Pesce gatto avendo la testa rappresentante 1/3 del peso complessivo rivolge la testa verso il basso finendo direttamente nello stomaco del Marangone minore o Cormorano che l’aspetta sotto a becco aperto. Si nota così, queste due specie di uccelli,  ritenute impropriamente opportuniste ed invasive, rappresentano degli elementi riequilibranti per un ecosistema alterato da immissioni improprie di specie aliene.  

Nelle foto: Marangone minore preda un Pesce gatto

La delegazione LIPU Sezione di Venezia

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Inquinamento luminoso: un’insidia per specie vegetali, animali e per l’uomo stesso

Centinaia di studi a livello internazionale acclarano il danno eco-sistemico dell’inquinamento luminoso diffuso, su piante, uccelli, mammiferi, invertebrati. Gli uccelli sono particolarmente colpiti in quanto nelle loro migrazioni sono attratti dalla luce delle città e possono urtare mortalmente contro gli edifici. Uno studio della Stazione Ornitologica Svizzera del 2012 riporta: “Chi vola di notte sopra l’Europa vede sotto di se un vasto mare di luci. Finché le notti sono chiare, questo non rappresenta un problema per gli uccelli migratori. I problemi iniziano quando entrano in una zona con nubi dense e nebbia. Infatti le sorgenti luminose illuminano il cielo dal basso, il senso dell’orientamento degli uccelli può venire compromesso e condurli fuori rotta. Ad esempio, possono restare ammaliati dal cono di luce sopra una città e volare senza meta qua e là, spesso per ore. A causa dello stress e dello sfinimento alcuni cadono morti dal cielo, altri vengono attirati sempre più dagli edifici illuminati, i riflettori o i fari ma non sono in grado di valutare la distanza e pericolo ed entrano in collisione con queste strutture. (…)”

Un recente studio dell’Università dello IOWA negli USA ha analizzato migliaia di arbusti ed alberi in cinque grandi città statunitensi per un range di 5 anni. È emerso che l’anticipazione della formazione delle nuove gemme veniva influenzata, a parità di temperatura dall’intensità luminosa. Parimenti il decadimento delle foglie in periodo autunnale veniva ritardato e la colorazione delle foglie risultava differente, sempre proporzionalmente alla luce adiacente radiata. 

Sempre la LAN luce artificiale notturna (light at night) viene citata in un articolo recente sulla rivista Diabetologia dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete –EASD- ove si descrive uno studio condotto nella Repubblica Popolare Cinese dalla dott.ssa Phyllis Zee, presso su un campione vasto e rappresentativo proveniente da 162 diverse aree del Paese. [L1] Dall’analisi dei dati è emerso che la patologia diabetica era prevalente nella misura del 28% nei confronti delle persone più esposte a LAN esterna rispetto a quelli meno esposti, e che viveva in zone più illuminate di notte, rispetto a chi viveva in zone più buie. La correlazione tra esposizione a LAN e diabete del tipo 2, ha delle evidenze scientifiche, e gli studiosi sono in attesa di ulteriori risultati. In precedenza l’esposizione a LAN era stata associata a correlazioni patologiche come l’aumento di peso, l’obesità, alterazioni secrezioni gastriche e relative a ghiandole surrenali, interruzioni delle funzioni metaboliche, fattori di rischio cardiovascolari come fenomeni trombotici ed ischemici, alterazioni neurovegetative.

Nelle Regione del Veneto la questione della LAN è stata affrontata a livello normativo con la Legge Regionale nr. 17 del 07.08.2009, pubblicata nel BUR nr. 65 del 11.08.2009. La promozione e il rispetto dei principi di questa normativa è oggetto dell’attività delle associazioni ambientali, in particolare quelle che coordinano i gruppi di astrofili e gli osservatori pubblici, di fatto le nostre sentinelle rispetto al fenomeno della LAN. L’associazione Venetostellato ad esempio finanzia e gestisce, tramite gli osservatori e i gruppi di astrofili, una rete di monitoraggio della luminosità del cielo e contribuisce alla divulgazione dei principi della legge presso scuole ed istituzioni. La legge affronta in maniera analitica ed esaustiva la problematica in oggetto, e nonostante l’incessante impegno delle associazioni ambientali e di ARPAV, ente preposto ai controlli, rimane però ampiamente disattesa ed inapplicata per la scarsa attenzione dei comuni rispetto al problema, in particolare verso l’illuminazione privata. Si richiede che l’Autorità regionale renda al più presto pienamente operativa tale normativa promuovendo ed applicando tutti gli aspetti della legge mediante i propri canali di comunicazione e sui media, e curi tre aspetti particolarmente importanti: la formazione degli addetti al settore illuminazione (progettisti ed installatori), l’imposizione ai comuni del regime autorizzativo previsto dalla legge per gli impianti privati e il recepimento della normativa nei Regolamenti Edilizi. 

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Guide e manuali Informazioni

Aiutate i piccoli uccelli con le piante da bacca

La stagione invernale è ormai nel suo pieno, e da campo libero a chi vorrebbe ripristinare con nuovi elementi arborei il proprio giardino od arricchire un area a verde anche in campo aperto. Non serve creare un Birdgarden da manuale, basta anche meno e non comporta un gran lavoro, ma una scelta adeguata delle specie vegetali da inserire. Tra la scelta delle piante da inserire si suggerisce di valutare anche   degli elementi da bacca. Saranno di notevole aiuto ai piccoli uccelli che frequentano le nostre citta’ ed aree periurbane. L’agricoltura intensiva e lo sfruttamento di ogni area coltivabile, ha sottratto, quasi completamente, almeno nella Val Padana, gli areali con un  sufficiente mantenimento della biodiversità necessaria per la sopravvivenza sia per gli uccelli  svernanti, che in fase migratoria, e sospinge di conseguenza molte specie in cerca di cibo nelle aree antropizzate. Arricchire il   nostro giardino di preziose piante da bacca,  potrebbe rappresentare per molti uccelli l’unica fonte di sostentamento nella stagione invernale. Questa tipologia di arbusti e piccoli alberi sono anche di notevole valore ornamentale, pensiamo al Biancospino, in primavera ci regalerà dei bellissimi fiori bianchi ed un nugolo di api alla ricerca di polline per produrre miele, se presenti, gli apicoltori vicini vi ringrazieranno, visto le api percorrono anche 3 chilometri per trovare fiori adatti. Oltreche’ avremmo, con le bacche, nel periodo autunnale – invernale dei bellissimi elementi colorati. Si suggerisce di piantare Biancospino, Rosa canina, Prugnolo, Sorbo, Rovo, Sambuco, Nespolo, Edera Helix, Ligustro, Alloro.

Altra precauzione da mantenere, sotto gli arbusti od alberi, di non cercare l’ordine e la pulizia di ogni foglia che cade o bacca, purtroppo i nostri giardini sono spesso maniacalmente “troppo puliti”, lasciare sotto le siepi elementi che spontaneamente decadono.  Oltre che dare un senso di naturalità,  elementi lignei, bacche, fogliame secco forniscono un tappeto utile nel proteggere il colletto delle piante dalla canicola estiva, dalla pioggia eccessiva, trattiene l’umidità e protegge dal gelo. Quel sottile tappeto di foglie rappresenta anche un rifugio di piccoli insetti ed invertebrati che a loro volta saranno cibo per gli uccelli, noterete spazzolare e gettare all’aria terra e foglie da parte di Merli, Tordi, Pettirossi, Scriccioli, Fringuelli.