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Guide e manuali Informazioni Pubblica amministrazione

Lettera alle amministrazioni comunali: edilizia conservativa per la tutela delle rondini e delle specie affini

Venezia, lì 19 ottobre 2023

Alla Città Metropolitana di Venezia, con preghiera di invio agli Illustrissimi Sindaci della Provincia di Treviso e della Città Metropolitana di Venezia
PEC: protocollo.cittametropolitana.ve@pecveneto.it

Oggetto: Lettera alle amministrazioni comunali. Adozione di criteri e strumenti di edilizia conservativa per la tutela delle rondini e specie affini. 

Spett.le Ufficio in indirizzo, con preghiera di trasmissione ai sindaci della Provincia di Venezia,

i delegati delle sezioni Lipu in calce firmatari registrano ogni primavera, e comunque nell’arco del periodo di nidificazione (da fine febbraio ad agosto), diversi episodi che vedono interventi di restauro, ristrutturazione e/o demolizione di edifici, sulle cui facciate e sui cui tetti sono presenti nidi di rondine (Hirundo rustica), balestruccio (Delichon urbicum),  rondine comune (Apus apus), passera d’Italia (Passer italiae) e altre specie che in tali siti costruiscono i loro nidi.

Le specie anzidette si trovano in uno stato di conservazione precario, con trend di popolazione negativo. Tra le varie cause di questo declino vi sono tutti quegli interventi edilizi che non tengono conto della conservazione delle specie.

Solo a titolo di esempio, si riportano casi di demolizione e ricostruzione di edifici con distruzione completa dei nidi in pieno periodo riproduttivo (a tale riguardo, si riportano qui alcuni articoli pubblicati dalla stampa locale: //www.ilgazzettino.it/nordest/treviso/rondini_nido_distrutto_colonia_oipa_treviso-6732948.html?refresh_ce, https://www.trevisotoday.it/attualita/paese-demolizione-casa-rondoni-4-giugno-2022.htmlhttps://www.oggitreviso.it/casier-salvati-da-una-casa-demolizione-nidi-con-piccoli-di-balestruccio-au5197-310712); oppure ristrutturazione di vecchi edifici con costruzione di nuove pareti completamente lisce e prive di intonaco aggrappante, adatto all’innesto dei nidi; oppure ancora, restauro di vecchi edifici con chiusura delle originarie aperture sulle facciate e ancora, posa di tegole con aperture dallo spazio insufficiente per l’entrata/uscita e costruzione del nido per i passeri. 

Rondine, Hirundo rustica © Gianpaolo Pamio

E’ opportuno qui ricordare che i nidi degli uccelli sono tutelati da normativa vigente secondo quanto previsto dall’articolo 21, comma 1, lettera o), della Legge n. 157 del 11 febbraio 1992, nonché dall’articolo 635 del codice penale. E’ altresì indispensabile richiamare l’attenzione sulla Direttiva CE n. 43/1992, cosiddetta “Direttiva Habitat”, sulla Direttiva CE n. 147/2009, cosiddetta “Direttiva Uccelli”, e sulle Convenzioni internazionali (Convenzione di Bonn e Convenzione di Berna).

Al fine di evitare ulteriori insorgenze di potenziali conflitti tra le esigenze di conservazione della biodiversità – esigenze sempre più pressanti e inderogabili, data l’assodata, attuale e scientifica acquisizione dello stato di crisi della biodiversità su scala globale e locale – e gli interessi dei privati, si ritiene fondamentale che gli strumenti normativi e tecnici a disposizione della pubblica amministrazione (regolamenti edilizi, ordinanze, delibere, ecc.)  siano integrati con criteri e regole che prendano concretamente ed efficacemente in considerazione i tempi di nidificazione e le esigenze biologiche delle specie in questione. Le modalità ed i tempi di intervento, l’uso di intonaci rugosi, che creano idonee superfici aggrappanti, e di coppi con appropriate caratteristiche geometriche, l’applicazione di misure compensative quali i nidi artificiali sono solo alcuni metodi corretti che qui si suggeriscono.

Fondamentale, altresì, è l’integrazione di norme che prevedano la vigilanza e il rispetto degli stessi attraverso adeguato sistema sanzionatorio.

Si allega alla presente la “Delibera salvarondini e regolamenti comunali”, proposta da Lipu e già adottata da varie amministrazioni comunali in tutta Italia, come spunto per l’adozione degli strumenti suddetti.

Si evidenzia che il 27 ottobre p.v. si terrà a cura della Lipu – Agrofauna un seminario on – line ove si parlerà anche di questo.

Sicuri di un Vostro cortese riscontro, si resta a disposizione per ogni necessità.   

Distinti saluti.

Il delegato di Lipu Treviso
Dr. Enrico Pavan

Il delegato di Lipu Venezia OdV
Dr. Gianpaolo Pamio

Il delegato di Lipu Vittorio Veneto
Dr. Roberto Guglielmi

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Cormorano comune e Marangone minore, specie utili od opportuniste?

Venezia, lì 11 febbraio 2023

Cormorano comune e Marangone minore, specie utili od opportuniste?

In natura non esistono specie dannose, se non introdotte dall’uomo per varie ragioni. Le specie di Cormorano comune Phalacrocorax carbo e di Marangone minore Microcarbo pygmeus sono ritenute nocive per le stazioni di ittiocoltura in quanto predano con facilità i pesci allevati. Questo può rappresentare un aspetto da correggere con adeguate misure atte a prevenire tali comportamenti, quali reti orizzontali, gabbie, intreccio di fili, strumenti di allontanamento meccanici, sonori, ad induzione, ecc. Il Marangone minore, originariamente, nella Penisola, nidificava solo nel Delta del fiume Po, poi gradualmente il suo areale di distribuzione si è allargato nelle aree umide della Val Padana. L’organismo  I.U.C.N. The International Union for Conservation Nature classifica questa specie, sebbene in aumento, come specie minacciata, principalmente da uccisione illegali, inquinamento delle acque, disturbo ai siti di nidificazione, sottrazione di habitat, impoverimento della fauna ittica. A livello normativo il Marangone minore risulta appartenere alla fauna particolarmente protetta ai sensi dell’art. 2 della L. 157/1992, con riferimento alle direttive comunitarie 79/409/CEE e 92/44/CEE, e le Convenzioni Internazionali di Berna, Bonn, Parigi, Barcellona, Washington con le relative normativa nazionali di riferimento. 

Il Cormorano sempre tutelato dalla normativa 157/1992  ha una diffusione più estesa e non presenta particolari criticità dato l’incremento numerico è costante, di contro rimane oggetto di deroghe al divieto di abbattimento ed oggetto di piani di contenimento per l’impatto prodotto negli impianti di ittiocoltura.

Queste due specie, portano però dei grandi  benefici all’ecosistema in quanto contengono gli effetti delle immissioni e diffusioni di specie di pesci alloctone che stanno provocando seri danni alla fauna ittica. Pensiamo ad esempio al Pesce gatto Ameiurus melas originario del Nord America, introdotto a scopi ornamentali in Europa negli ultimi anni del ‘800 e grazie a neo immissioni e ripopolamenti ha colonizzato buona parte delle acque interne in Europa, entrando in forte competizione con le specie autoctone e danneggiando particolarmente la Tinca Tinca tinca e l’Anguilla Anguilla anguilla. Il Pesce gatto se non  a livello di avannotto, non ha antagonisti in natura nelle acque europee, se non l’uomo, questa specie dispone di tre aculei, situati nella pinna dorsale e nelle due pettorali, nessun pesce può attaccarlo se non con conseguenze deleterie, pure gli uccelli. Cormorani e Marangoni minori sono particolarmente voraci di questi pesci in quanto hanno  movimenti lenti, tipici della fauna ittica da fondale, li inghiottono per la testa, facendo piegare le pinne all’indietro, rendendo così inoffensivi gli aculei. Taluni esemplari hanno sviluppato la tecnica del lancio in aria, il Pesce gatto avendo la testa rappresentante 1/3 del peso complessivo rivolge la testa verso il basso finendo direttamente nello stomaco del Marangone minore o Cormorano che l’aspetta sotto a becco aperto. Si nota così, queste due specie di uccelli,  ritenute impropriamente opportuniste ed invasive, rappresentano degli elementi riequilibranti per un ecosistema alterato da immissioni improprie di specie aliene.  

Nelle foto: Marangone minore preda un Pesce gatto

La delegazione LIPU Sezione di Venezia

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Comunicato stampa su Verde in Città: l’importanze del microclima

 I cambiamenti climatici in corso a livello globale hanno degli effetti amplificati nelle nostre Città, ove la presenza di naturalità e servizi ecosistemici sono ridotti al minimo. Gli agglomerati urbani, per la loro conformazione e costruzione, stanno diventando invivibili in quanto sovente concepiti senza valutare la presenza di elementi naturali. Per mitigare le isole di calore ed l’effetto albedo la presenza di elementi vegetali rimane quanto mai necessaria.

Quarto d’Altino ciclabile e marc. arch. LIPU ve

Oltre all’assorbimento degli inquinanti durante tutto l’arco dell’anno, soprattutto le edere rampicanti, in primis l’autoctona Edera helix, assolvono al compito di mitigare  l’effetto albedo,  riflettenza solare sulle superfici verso ogni direzione e di contrastare  le isole di calore. Oltre alle alberature urbane, quanto mai riconosciute da ampia ed  acclarata bibliografia, indispensabili  per abbassare le temperature nelle strade e nelle Città in generale, l’Edera helix un rampicante senza particolare bisogno di cura e molto resistente alle condizioni estreme di caldo ed inquinamento, potrebbe essere collocato agevolmente per ricoprire pareti e tetti di edifici artigianali – industriali, muri, terrapieni, pannelli, piloni di opere infrastrutturali, guard rail, ecc. Già nel 2016 veniva pubblicato uno studio alquanto esaustivo circa l’importanza del Verde in Città per la regolazione del microclima. Il  documento è  dell’ENEA Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, Ministero dello Sviluppo Economico, in collaborazione con DAFNE Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali, Università degli Studi La Tuscia (VT), documento su “Sistemi vegetali e sostenibilità energetica: effetti sul microclima urbano”, 2016. Leggiamo a pag. 7: “ (…) più densa è la vegetazione più energia viene assorbita nella massa vegetale che si comporta come un vero e proprio corpo nero. Pertanto la quantità di energia riflessa è mediamente inversamente proporzionale  alla dimensione della massa foliare delle coperture a verde. Da un punto di vista energetico, la copertura verde dissipa calore come “calore sensibile” attraverso l’aria e come “calore latente” attraverso i processi di traspirazione dell’acqua del metabolismo vegetale: la componente sensibile aumenta la temperatura  dell’aria mentre quella latente diminuisce. Oltre che per traspirazione, le piante dissipano calore anche per l’evaporazione del substrato di coltivazione e dalle foglie. La mitigazione delle temperature medie massime dell’aria e delle pareti degli edifici è sostanzialmente dovuta all’azione di ombreggiamento da parte della vegetazione (piante erbacee, alberi, cespugli) e per fenomeno dell’evapotraspirazione che, in ultima analisi, rappresenta la quantità di acqua che si disperde nell’atmosfera (sotto forma di vapore dell’acqua) mediante processi di evaporazione del suolo e rispettivamente di traspirazione delle piante attraverso gli stomi (circa il 2% della superficie fogliare). (…) grazie alla perdita di acqua di traspirazione dalle foglie, la pianta abbassa la sua temperatura poiché riesce a smaltire il carico di calore accumulato con l’energia solare attraverso il passaggio di stato da acqua a vapore d’acqua e in questo modo dissipa parte dell’energia solare  sotto forma di calore latente.

Alberi in città a Trento

Da quanto emerso, questa Associazione suggerisce alle Amministrazioni comunali, in accordo con le categorie professionali, come inizio, di integrare i rispettivi Regolamenti Edilizi con l’obbligatorietà di coprire, almeno parzialmente, le pareti dei complessi commerciali – direzionali – artigianali.

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Le specie “problematiche” – Il Gabbiano Reale: La posizione della LIPU

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Il vetro uccide gli uccelli. Ecco come salvarli

Tra i 100 e i 115 milioni di vittime in Germania, dai 365 fino a 988 milioni di individui negli Stati Uniti, tra i 15 e i 30 milioni in Italia.

E’ l’impressionante stima del numero di uccelli selvatici, tra cui in particolare rapaci, picchi e passeriformi, che muoiono ogni anno a causa degli impatti contro vetrate di edifici, pensiline o barriere antirumore, cui si aggiungono i numeri provenienti da quasi tutti i Paesi del mondo, visto il crescente utilizzo del vetro nell’edilizia, facendo di questa tendenza una delle minacce più gravi per gli uccelli selvatici.

Lo sottolinea la Lipu-BirdLife Italia, in occasione della diffusione della terza edizione del manuale “Costruire con vetro e luce rispettando gli uccelli”, realizzato dalla Stazione ornitologica svizzera di Sempach con il contributo di numerosi enti di ricerca e associazioni tra cui la Lipu. Il nuovo manuale, che spiega con testi e fotografie come le collisioni possono essere evitate con semplici misure, è scaricabile sul sito web della Lipu, www.lipu.it, oppure su quello della Stazione ornitologica svizzera cliccando QUI.

“La collisione con vetri è oggi uno dei più grandi problemi di conservazione degli uccelli – afferma Marco Dinetti, responsabile Ecologia urbana della Lipu – Essi non riconoscono come ostacoli né i vetri trasparenti e nemmeno quelli altamente riflettenti che rispecchiano gli alberi, i cespugli o il cielo, creando un’illusione di habitat continuo che induce gli uccelli ad attraversarli, con esiti quasi sempre fatali.

In Italia le stime della Lipu sono nell’ordine di 15-30 milioni di uccelli morti ogni anno: si tratta in realtà di una valutazione largamente al ribasso, perché “in realtà, l’impatto del vetro sugli uccelli è molto più pesante” spiega Dinetti. I vetri più problematici sono quelli altamente riflettenti, i vetri trasparenti dei balconi, i vetri d’angolo, le barriere antirumore in vetro o le verande. Per ridurre gli impatti si possono applicare sul vetro visibile delle marcature testate per la protezione degli uccelli, mentre le sagome familiari degli uccelli rapaci dovrebbero essere evitate: non dissuadono gli uccelli e sono poco efficaci. Solo una marcatura che copre l’intera superficie e che si distingue il più possibile dall’ambiente circostante fornisce la protezione necessaria. I test effettuati e illustrati nel volume hanno infatti dimostrato che le soluzioni a strisce e a punti sono particolarmente efficaci.

Il nuovo manuale mostra anche come fare a meno del vetro trasparente o altamente riflettente durante la costruzione, o come mettere in sicurezza le aree pericolose per gli uccelli in fase di progettazione. In questo modo si risparmia tempo, energia e costi per l’adeguamento a posteriori, evitando inoltre che molti uccelli muoiano a causa della presenza di superfici in vetro.

“Il fatto che il vetro possa rappresentare un grave problema per gli uccelli non è ancora noto a tutti allo stesso modo, nemmeno nel settore dell’architettura e dell’edilizia – prosegue Dinetti – Per questo motivo proporremo le soluzioni ben illustrate nell’opuscolo ad architetti, progettisti e costruttori, che scopriranno come ovviare al problema con misure semplici e praticabili e salvare la vita agli uccelli”.

Per scaricare il manuale:

Clicca QUI

Informazioni sui pericoli di collisione contro vetri:

Clicca QUI

SCHEDA

Collisione contro un vetro. Cosa fare in caso di ritrovamenti
Le collisioni con le vetrate non sempre sono mortali. Alcuni uccelli sono “solo” feriti o storditi e questo li rende facili prede per predatori come i gatti. Se trovate un uccello stordito o incapace di involarsi vicino a una vetrata è preferibile metterlo in una scatola con fori di ventilazione e lasciarlo per 2-3 ore in un luogo caldo, buio e tranquillo. La scatola può essere imbottita con carta per uso domestico e l’uccello non deve essere nutrito o abbeverato. Dopo 2-3 ore, si potrà aprire la scatola all’esterno. Se l’uccello non vola via da solo, bisogna portarlo in un centro di cura.
E’ fortemente consigliato comunque contattare un centro di recupero per avere istruzioni su come comportarsi in caso di ritrovamenti (elenco centri di recupero in Italia: https://animaliferiti.lipu.it/i-centri-recupero-in-italia/)

I NUMERI: GLI UCCELLI VITTIME DELL’IMPATTO CONTRO VETRI

(in milioni)
• 100-115 (Germania)
• 365-988 (Stati Uniti)
• 15-30 (Italia)

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Cormorano comune e Marangone minore, specie utili od opportuniste?

In natura non esistono specie dannose, se non introdotte dall’uomo per varie ragioni. Le specie di Cormorano comune Phalacrocorax carbo e di Marangone minore Microcarbo pygmeus sono ritenute nocive per le stazioni di ittiocoltura in quanto predano con facilità i pesci allevati. Questo può rappresentare un aspetto da correggere con adeguate misure atte a prevenire tali comportamenti, quali reti orizzontali, gabbie, intreccio di fili, strumenti di allontanamento meccanici, sonori, ad induzione, ecc. Il Marangone minore, originariamente, nella Penisola, nidificava solo nel Delta del fiume Po, poi gradualmente il suo areale di distribuzione si è allargato nelle aree umide della Val Padana. L’organismo  I.U.C.N. The International Union for Conservation Nature classifica questa specie, sebbene in aumento, come specie minacciata, principalmente da uccisione illegali, inquinamento delle acque, disturbo ai siti di nidificazione, sottrazione di habitat, impoverimento della fauna ittica. A livello normativo il Marangone minore risulta appartenere alla fauna particolarmente protetta ai sensi dell’art. 2 della L. 157/1992, con riferimento alle direttive comunitarie 79/409/CEE e 92/44/CEE, e le Convenzioni Internazionali di Berna, Bonn, Parigi, Barcellona, Washington con le relative normativa nazionali di riferimento. 

Marangone minore © Luigino Busatto

Il Cormorano sempre tutelato dalla normativa 157/1992  ha una diffusione più estesa e non presenta particolari criticità dato l’incremento numerico è costante, di contro rimane oggetto di deroghe al divieto di abbattimento ed oggetto di piani di contenimento per l’impatto prodotto negli impianti di ittiocoltura.

Queste due specie, portano però dei grandi  benefici all’ecosistema in quanto contengono gli effetti delle immissioni e diffusioni di specie di pesci alloctone che stanno provocando seri danni alla fauna ittica. Pensiamo ad esempio al Pesce gatto Ameiurus melas originario del Nord America, introdotto a scopi ornamentali in Europa negli ultimi anni del ‘800 e grazie a neo immissioni e ripopolamenti ha colonizzato buona parte delle acque interne in Europa, entrando in forte competizione con le specie autoctone e danneggiando particolarmente la Tinca Tinca tinca e l’Anguilla Anguilla anguilla. Il Pesce gatto se non  a livello di avannotto, non ha antagonisti in natura nelle acque europee, se non l’uomo, questa specie dispone di tre aculei, situati nella pinna dorsale e nelle due pettorali, nessun pesce può attaccarlo se non con conseguenze deleterie, pure gli uccelli. Cormorani e Marangoni minori sono particolarmente voraci di questi pesci in quanto hanno  movimenti lenti, tipici della fauna ittica da fondale, li inghiottono per la testa, facendo piegare le pinne all’indietro, rendendo così inoffensivi gli aculei. Taluni esemplari hanno sviluppato la tecnica del lancio in aria, il Pesce gatto avendo la testa rappresentante 1/3 del peso complessivo rivolge la testa verso il basso finendo direttamente nello stomaco del Marangone minore o Cormorano che l’aspetta sotto a becco aperto. Si nota così, queste due specie di uccelli,  ritenute impropriamente opportuniste ed invasive, rappresentano degli elementi riequilibranti per un ecosistema alterato da immissioni improprie di specie aliene.  

Nelle foto: Marangone minore preda un Pesce gatto

La delegazione LIPU Sezione di Venezia

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Inquinamento luminoso: un’insidia per specie vegetali, animali e per l’uomo stesso

Centinaia di studi a livello internazionale acclarano il danno eco-sistemico dell’inquinamento luminoso diffuso, su piante, uccelli, mammiferi, invertebrati. Gli uccelli sono particolarmente colpiti in quanto nelle loro migrazioni sono attratti dalla luce delle città e possono urtare mortalmente contro gli edifici. Uno studio della Stazione Ornitologica Svizzera del 2012 riporta: “Chi vola di notte sopra l’Europa vede sotto di se un vasto mare di luci. Finché le notti sono chiare, questo non rappresenta un problema per gli uccelli migratori. I problemi iniziano quando entrano in una zona con nubi dense e nebbia. Infatti le sorgenti luminose illuminano il cielo dal basso, il senso dell’orientamento degli uccelli può venire compromesso e condurli fuori rotta. Ad esempio, possono restare ammaliati dal cono di luce sopra una città e volare senza meta qua e là, spesso per ore. A causa dello stress e dello sfinimento alcuni cadono morti dal cielo, altri vengono attirati sempre più dagli edifici illuminati, i riflettori o i fari ma non sono in grado di valutare la distanza e pericolo ed entrano in collisione con queste strutture. (…)”

Un recente studio dell’Università dello IOWA negli USA ha analizzato migliaia di arbusti ed alberi in cinque grandi città statunitensi per un range di 5 anni. È emerso che l’anticipazione della formazione delle nuove gemme veniva influenzata, a parità di temperatura dall’intensità luminosa. Parimenti il decadimento delle foglie in periodo autunnale veniva ritardato e la colorazione delle foglie risultava differente, sempre proporzionalmente alla luce adiacente radiata. 

Sempre la LAN luce artificiale notturna (light at night) viene citata in un articolo recente sulla rivista Diabetologia dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete –EASD- ove si descrive uno studio condotto nella Repubblica Popolare Cinese dalla dott.ssa Phyllis Zee, presso su un campione vasto e rappresentativo proveniente da 162 diverse aree del Paese. [L1] Dall’analisi dei dati è emerso che la patologia diabetica era prevalente nella misura del 28% nei confronti delle persone più esposte a LAN esterna rispetto a quelli meno esposti, e che viveva in zone più illuminate di notte, rispetto a chi viveva in zone più buie. La correlazione tra esposizione a LAN e diabete del tipo 2, ha delle evidenze scientifiche, e gli studiosi sono in attesa di ulteriori risultati. In precedenza l’esposizione a LAN era stata associata a correlazioni patologiche come l’aumento di peso, l’obesità, alterazioni secrezioni gastriche e relative a ghiandole surrenali, interruzioni delle funzioni metaboliche, fattori di rischio cardiovascolari come fenomeni trombotici ed ischemici, alterazioni neurovegetative.

Nelle Regione del Veneto la questione della LAN è stata affrontata a livello normativo con la Legge Regionale nr. 17 del 07.08.2009, pubblicata nel BUR nr. 65 del 11.08.2009. La promozione e il rispetto dei principi di questa normativa è oggetto dell’attività delle associazioni ambientali, in particolare quelle che coordinano i gruppi di astrofili e gli osservatori pubblici, di fatto le nostre sentinelle rispetto al fenomeno della LAN. L’associazione Venetostellato ad esempio finanzia e gestisce, tramite gli osservatori e i gruppi di astrofili, una rete di monitoraggio della luminosità del cielo e contribuisce alla divulgazione dei principi della legge presso scuole ed istituzioni. La legge affronta in maniera analitica ed esaustiva la problematica in oggetto, e nonostante l’incessante impegno delle associazioni ambientali e di ARPAV, ente preposto ai controlli, rimane però ampiamente disattesa ed inapplicata per la scarsa attenzione dei comuni rispetto al problema, in particolare verso l’illuminazione privata. Si richiede che l’Autorità regionale renda al più presto pienamente operativa tale normativa promuovendo ed applicando tutti gli aspetti della legge mediante i propri canali di comunicazione e sui media, e curi tre aspetti particolarmente importanti: la formazione degli addetti al settore illuminazione (progettisti ed installatori), l’imposizione ai comuni del regime autorizzativo previsto dalla legge per gli impianti privati e il recepimento della normativa nei Regolamenti Edilizi. 

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Aiutate i piccoli uccelli con le piante da bacca

La stagione invernale è ormai nel suo pieno, e da campo libero a chi vorrebbe ripristinare con nuovi elementi arborei il proprio giardino od arricchire un area a verde anche in campo aperto. Non serve creare un Birdgarden da manuale, basta anche meno e non comporta un gran lavoro, ma una scelta adeguata delle specie vegetali da inserire. Tra la scelta delle piante da inserire si suggerisce di valutare anche   degli elementi da bacca. Saranno di notevole aiuto ai piccoli uccelli che frequentano le nostre citta’ ed aree periurbane. L’agricoltura intensiva e lo sfruttamento di ogni area coltivabile, ha sottratto, quasi completamente, almeno nella Val Padana, gli areali con un  sufficiente mantenimento della biodiversità necessaria per la sopravvivenza sia per gli uccelli  svernanti, che in fase migratoria, e sospinge di conseguenza molte specie in cerca di cibo nelle aree antropizzate. Arricchire il   nostro giardino di preziose piante da bacca,  potrebbe rappresentare per molti uccelli l’unica fonte di sostentamento nella stagione invernale. Questa tipologia di arbusti e piccoli alberi sono anche di notevole valore ornamentale, pensiamo al Biancospino, in primavera ci regalerà dei bellissimi fiori bianchi ed un nugolo di api alla ricerca di polline per produrre miele, se presenti, gli apicoltori vicini vi ringrazieranno, visto le api percorrono anche 3 chilometri per trovare fiori adatti. Oltreche’ avremmo, con le bacche, nel periodo autunnale – invernale dei bellissimi elementi colorati. Si suggerisce di piantare Biancospino, Rosa canina, Prugnolo, Sorbo, Rovo, Sambuco, Nespolo, Edera Helix, Ligustro, Alloro.

Altra precauzione da mantenere, sotto gli arbusti od alberi, di non cercare l’ordine e la pulizia di ogni foglia che cade o bacca, purtroppo i nostri giardini sono spesso maniacalmente “troppo puliti”, lasciare sotto le siepi elementi che spontaneamente decadono.  Oltre che dare un senso di naturalità,  elementi lignei, bacche, fogliame secco forniscono un tappeto utile nel proteggere il colletto delle piante dalla canicola estiva, dalla pioggia eccessiva, trattiene l’umidità e protegge dal gelo. Quel sottile tappeto di foglie rappresenta anche un rifugio di piccoli insetti ed invertebrati che a loro volta saranno cibo per gli uccelli, noterete spazzolare e gettare all’aria terra e foglie da parte di Merli, Tordi, Pettirossi, Scriccioli, Fringuelli.

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Comunicato stampa inerente i danneggiamenti da parte di picchi

Negli ultimi tempi stanno arrivando diverse segnalazioni alla Sezione LIPU di Venezia circa il danneggiamento da parte di picchi, in genere da parte delle specie Picchio verde (Picus viridis) e Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major). Le superfici aggredite usulalmente sono rappresentate da cappotto a muro, finestre, porte d’ingresso, travi di pompeiane. La presenza di questi uccelli risulta un buon indicatore di biodiversità, grandi insettivori, sono protetti dalle normative comunitarie e nazionali. Si rimanda a quanto riportato recentemente dal responsabile ecologia urbana della LIPU, dott. Marco Dinetti: “ (…) quello dei picchi che forano infissi in legno, ma anche cappotti di rivestimento delle pareti o altri manufatti (pali, tubi, ecc.) è un problema ricorrente, in particolare nelle fasi biologiche in cui queste specie sono particolarmente attive nello scavo di un nido-tana. Una di esse è quella in corso (autunno) nella quale individui che in parte possono essere ricondotti a giovani in dispersione scavano delle cavità dove trascorreranno le notti invernali, e più avanti nella stagione potranno pure nidificare. L’altro periodo di forte attività di scavo è proprio quello che precede la nidificazione, quindi fine inverno-inizio primavera.

Cosa fare per risolvere queste problematiche, e dare i giusti consigli a coloro che ci contattano?

La gamma delle soluzioni è ampia e comprende misure strutturali (sostituzione dei manufatti con materiali più resistenti), di esclusione (barriere fisiche quali reti antintrusione e trame di fili), deterrenti (varie attrezzature, da quelle artigianali a quelle più sofisticate) e diversivi (nidi artificiali idonei).

Il primo rimedio che possiamo suggerire, considerando che è particolarmente semplice ed economico, è quello di usare un deterrente ottico, costituito dai dischetti cd da computer (nuovi o usati, ai picchi poco importa!). Si fanno delle “catenelle” con 2-3 cd e si appendono vicino ai punti dove i picchi fanno i fori. I dischetti oscillano al vento e riflettono la luce, che a quanto pare allontana i picchi. Questo sistema è risultato efficace in quasi tutti i casi (testimonianze di coloro che l’hanno sperimentato) e lo possiamo confermare anche noi direttamente in un caso-studio che abbiamo seguito presso un edificio a Parma (lo studio è in pubblicazione nella rivista “Picus”).

Raccomandazione importante e “universale”, che vale per qualsiasi sistema deterrente, e rispetto a qualsivoglia contesto e specie: i sistemi deterrenti non vanno mai “abbandonati” a loro stessi (indefinitivamente) e/o attivati per lunghi periodi, perché esiste il concreto rischio di assuefazione da parte degli uccelli. Quindi, occorre presentarli a fasi alterne, anche variandone le modalità di applicazione.”

Qualora il sistema non dovesse (più) funzionare, occorre rimuoverlo e sostituirlo con altri approcci”.

Oltre a quanto indicato, abbiamo casi concreti di buoni risultati anche con l’installazione di palloncini gonfiabili raffiguranti dei rapaci, reperibili in Rete

I volontari della  Sezione di LIPU di Venezia, a mezzo i contatti nel sito www.lipuvenezia.it, rimangono a disposizione per suggerimenti e consigli.

Il delegato di Sezione Dr. Gianpaolo Pamio                       

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Siccità 2022: Comunicato

L’estate del  2022 ha caratterizzato un estremizzazione degli eventi siccitosi ricorrenti nelle estati degli ultimi decenni. Anche la provincia di Venezia è stata interessata da questo fenomeno, con particolari riflessi negli habitat costieri ed interni, caratterizzati da corsi d’acqua a portata ridotta, fossati, rogge, lanche, cave, prati umidi, bassure, stagni di acqua dolce e salmastra. Le ripercussioni maggiori le abbiamo nella fauna acquatica che non ha modo di spostarsi, nel caso del completo essiccamento del sito, altra fauna come le varie specie di rane o bisce d’acqua si trovano in forte difficoltà, e nel caso non riescano a raggiungere un pozza d’acqua vicina sono condannate a morte certa. Anche le alte temperatura delle acque influiscono nella fauna ittica portando al decesso in particolare  certe specie di pesci amanti dell’acqua poco profonda, o corsi d’acqua minori e soggetti all’essicamento, si annovera lo Scazzone (Cottus gobio) o la Lampreda zanandreai (Lethenteron zanandreai) specie endemica del distretto Padano – Veneto ed in stato di rarefazione. A rischio per la siccità animali inseriti nell’allegato IV della Direttiva del Consiglio Europeo denominata Habitat del 21.05.1992, 92/43/CEE e s.m.i. “Specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa” Rana dalmatina (Rana dalmatina) e Rana di lataste (Rana latastei), Rospo smeraldino (Bufotes viridiflavus)  Tartaruga d’acqua (Emys orbicularis), Natrice dal collare (Natrix natrix) ed Biacco (Hierophis viridiflavus). Ad aggravare la situazione assai precaria, si somma la cattiva applicazione nelle gestioni delle misure dei Piani PSR, che ne hanno amplificato le conseguenze. I PSR Piani Sviluppo Rurali sono dei programmi di sviluppo  promossi dalla Unione Europea con fondi strutturali cui ricorrono gli Stati UE, finanziati dai fondi PAC Piano Agricolo Comunitario attraverso il bilancio del FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale). Entro questi fondi sono previste delle misure di sostegno e promozione alla biodiversità come la preservazione di Siepi, Boschetti, Prati incolti. Queste misure nella Regione Veneto,  rimangono in larga parte disattese andando deserti i bandi per l’assegnazione dei suddetti fondi. Ne emerge che il territorio rimane impoverito e banalizzato in quanto privato dei seguenti elementi fondamentali per la preservazione della biodiversità soprattutto in periodi di estrema siccità. Pensiamo alle funzioni di regolazione del microclima, di rifugio, di trattenimento delle acque e dell’umidià notturna prodotta da un vecchio filare di siepe o di un boschetto in aperta campagna. Le siepi ed i prati incolti poi, sovente, sono intervallati da terreni marginali, a bassi cespugli, con macchie di rovo, di vegetazione spontanea anche alloctona,  talvota hanno caratteristiche di impenetrabilità e resilienza creando così degli importanti micro-habitat per la fauna e flora. Sempre maggiori sono le specie inserite nella red list di IUCN (International Union for Conservation of Nature) a testimoniare la grave crisi che la Biodiversità sta vivendo. I cambiamenti climatici in atto, la sottrazione degli habitat, l’attività venatoria, la compromissione dei siti di nidificazione, le estese attività belliche, rendono sempre più difficile la sopravvivenza di molte specie di uccelli. L’Italia rappresenta un importante rotta migratoria degli uccelli dal Centro – Nord Europa verso il Nord Africa e il continente Sub-Sahariano e viceversa, tutelare un sito, significa, molto spesso, garantire il buon fine di un processo migratorio. A livello locale gli effetti deleteri sulla fauna a seguito della siccità si avranno con i censimenti della fauna ornitica nei  prossimi anni. Sussistono delle forme di adattamento per certe specie di uccelli qualora l’habitat pur se in via di modificazione, ne fornisca l’opportunità, con una buona quantità di cibo a disposizione ed una corretta conduzione  del sito, in primis, il contenimento del disturbo dall’attività umana. L’Oasi di Gaggio, in Marcon VE, per esempio pur con un cambiamento significativo di habitat non ha avuto cali nelle nidificazioni delle varie specie già regolarmente censite ogni anno.

Cordialmente

Ottobre 2022

Il delegato LIPU Sezione Venezia

Dr. Gianpaolo Pamio